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Posts Tagged ‘trauma’

Ultimamente mi capita di leggere e di sentire troppo spesso un’affermazione, con tutte le sue varianti, che trovo irritante, inflazionata, ingenua, superficiale, fastidiosa e purtroppo anche assai dannosa. Il concetto è questo: “Se tu, genitore, stai male per qualsiasi motivo, tuo figlio assorbirà l’energia negativa che emetti e ne risentirà, sia a breve che a lungo termine. Quindi cerca di tornare a star bene in fretta o danneggerai il piccolo. È un tuo dovere. Perchè i bambini sono come spugne, si sa: assorbono tutto.”. Più spesso che no, un concetto di questo genere è riferito alle madri, principali figure di riferimento di un bambino.

Ora, tralasciando il fatto ovvio che uno non fa certo apposta a stare male, ma vogliamo pure mettergli addosso l’ansia e l’angoscia insopportabili di dover stare di nuovo bene velocemente, altrimenti lascia un trauma incancellabile nell’animo del proprio pargolo? Signor che responsabilità assoluta! E siamo proprio sicuri sicuri che il cucciolo abbia come unica fonte di riferimento per il proprio benessere ed equilibrio il genitore in sofferenza? Che durante la giornata assorba soltanto la presunta negatività che arriva da lì? Piuttosto che gravare una donna o un uomo di un peso simile, non dimenticherei la presenza nella vita del bimbo dell’altro genitore – che si spera stia meglio – di eventuali fratelli, di zii, di cugini, delle tate dell’asilo, degli amichetti, dei vicini di casa. Anche queste persone, con la loro energia e presenza, portano un contributo nella vita del piccolo. E non trascurerei neppure il fatto che ciascuno di noi in realtà nasce già con un carattere, un suo modo di essere, addirittura volendo una sua storia alle spalle; per cui d’accordo l’influenza genitoriale, d’accordo l’ambiente familiare e i suoi effetti, d’accordo i traumi infantili, ma insomma piantiamola con questa moda contemporanea di buttare le cause dei malesseri (o dei benesseri!) di un bimbo tutte e solo sul groppone materno e paterno, come se il mondo esterno non esistesse neppure!

E poi pensiamo se questa pover’anima di un genitore in sofferenza non ce la dovesse fare  a guarire in fretta. Poniamo gli venga una depressione terribile e certificata per la quale si deve curare tra psichiatri e psicologi per diverso tempo (capita!). Che fa, oltre a cercare di ristabilirsi, che già è una fatica, si deve pure macerare nei sensi di colpa e nella paura che un giorno il proprio angioletto debba sedere su una poltrona in pelle in qualche buio studio di psicologo per confessarsi e liberarsi così del suo trauma? Ma il punto che più di tutti mi preme portare alla luce è: siamo certi che il meglio per un bambino sia avere intorno tutto il tempo un genitore eternamente felice, sereno, equilibrato, gioioso, allegro e in conclusione perfetto? Mi permetto di nuovo di esprimere dubbi al riguardo attraverso una catena di domande. Chi lo dice che bisogna offrire ad un bimbo un mondo fatto di nuvole rosa dove la mamma sta solo bene, è in pace col mondo a ogni ora del giorno, magari non si arrabbia mai eccessivamente, è forte in ciascuna situazione e – tornando all’inizio – se sta male, torna velocemente la suo status di benessere, così da non influenzare negativamente i figli? Siamo certi che la ripercussione di un eventuale periodo pesante per la mamma o il papà sarebbe davvero così negativa sul pupo? Poniamo che ad una mamma accada di avere quello che una volta si definiva esaurimento nervoso e poi – con i suoi tempi e i suoi modi – lei si riprenda. Non potrebbe questa forse essere un’enorme lezione di vita per il bambino? Non sarebbe positivo che egli assistesse alla caduta e alla rinascita dell’essere umano più importante per lui, imparando così che la vita sì, è fatta di dolore e prove, ma che ci si può infine rialzare e tornare a stare bene, forse addirittura meglio di prima? Se stare con un genitore che soffre insegnasse qualcosa a un bambino su come si sta al mondo? Se lo mettese in sano contatto col fatto che nella vita non va sempre tutto a meraviglia, che siamo imperfetti e possiamo essere tristi, depressi, demotivati, spaventati e che va bene così? Se addirittura quel bambino avesse bisogno di quella “prova” per capire tutta una serie di cose su stesso che altrimenti non capirebbe mai? Se attraverso l’esempio della storia materna o paterna imparasse a stare dritto nella tempesta della sofferenza e a vedere la luce in fondo al tunnel? In fondo, che ne sappiamo noi?

Ma soprattutto, mi permetto, che ne sanno davvero fino in fondo coloro che si spacciano per esperti dell’infanzia: pedagoghi, tate, pediatri, educatori, psicologi? Sia chiaro, non voglio dire che queste persone non siano qualificate, che il loro parere non valga nulla, che dicano solo cavolate. No, anzi, mi sento di valorizzare il lavoro che quotidianamente compiono per aiutarci a crescere i nostri figli. Ma entro certi limiti! Trovo che un po’ troppo spesso noi genitori li ascoltiamo come se fossero dei guru, come se le loro parole fossero indiscutibili, come se veramente loro fossero nella testa e nel cuore dei nostri bambini e che li capissero meglio di noi. Quando in realtà a volte questi “maestri” non tengono conto del fattore umanità, del fatto che ogni bambino è a sè e noi che ne sappiamo veramente di quali conseguenze avrà un fatto che gli capita oggi sulla sua vita e la sua psiche futura? E poi non dimentichiamo che tutte queste regole da esperti, frutto di anni e anni di studi scientifici serissimi, a volte a distanza di anni e riviste con altre basi culturali, si possono rivelare delle enormi scemenze. Che oggi gli esperti dicono BEO e domani negano tutto e dicono FUFFI e dopodomani tornano a dire “BEO forever e dimenticate FUFFI!”. Che le teorie vanno e vengono e a volte è solo questione di moda. Che in fondo poco o nulla sappiamo dell’animo umano e di come si evolve dalla nascita in poi. Del resto non era vero fino a pochi decenni fa – solo per citare uno fra i tanti possibili esempi – che l’omosessualità fosse una devianza della psiche provocata nei maschi da un cattivo o errato rapporto con la madre? Ma nell’antica civiltà greca non era forse l’omosessualità vista come un fatto normalissimo? E oggi non è forse sempre più di nuovo accettata come qualcosa di naturale e possibile? E quindi….

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