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Quelle wonder-mamme che non esistono

Care mamme, auguri a scoppio ritardato! Vorrei che questa fosse la festa delle mamme normali. Basta con l’idea che si possa essere mega-manager di una multinazionale, sempre in viaggio, con due lauree e la terza in arrivo, impegnate in attività di volontariato, autrici un paio di blog di successo e, nei ritagli di tempo, studentesse di un corso intensivo di cucina etica. Tutto questo avendo tre figli e il quarto in arrivo. Millantando che per i pargoli si è presentissime, devote e dedicate. Che li si accompagna a nuoto, a scuola, alle feste, che li si applaude agli spettacolini di Natale e gli si racconta ogni sera la favola della buonanotte. Per giunta comparendo in interviste in cui si dichiara che si va a letto ogni sera stanche, ma felici. Ci vogliamo mettere in testa o no che queste wonder-mamme non esistono? Non si può avere una carriera di grido ed essere l’angelo del focolare allo stesso tempo! Diciamo l’inconfessabile verità: queste mamme hanno due babysitter, quattro nonni a disposizione, la nanny, la donna che stira, quella che pulisce, l’iscrizione alla scuola a tempo pieno per i propri figli e la favola della buonanotte è registrata su un nastro che parte in automatico tramite una app mentre la mamma è a Tokyo per una conferenza. Che si abbia il coraggio di dire le cose come stanno! “Sono donna manager e a stare dietro ai figli non ce la faccio, perciò ho otto persone che lavorano per me e mi danno una mano”. Che cosa invece, spinge queste donne a fingere che gestiscano tutto loro? Perché si deve promuovere l’idea della donna multitasking, che fa sette cose alla volta e tutte bene? Che mentre cucina l’arrosto, telefona in tedesco per chiudere un accordo commerciale? Si tratta di un modello sano? O così si spingono tutte le madri “normali” a sentirsi in colpa per non essere all’altezza? E se il modello sano fosse quello di una donna che arriva dove può, con un lavoro ordinario e figli mediamente nella norma, seguiti senza eccessi? Pensiamoci.

Evelina Dietmann,

Questo blog sta obiettivamente tirando gli ultimi, ma ogni tanto l’autrice si risveglia dal suo sonno creativo, scrive qualche riga e poi torna nel regno del Morfeo degli scrittori. Qualche giorno fa mi sono scossa per parlare su “Italian” di Beppe Severgini di queste mamme-manager multitasking che celano a se stesse e al mondo una brutale verità, cioè che hanno mille aiuti di cui preferiscono tacere. Tacciono perchè mentono a se stesse (faccio tutto io, guarda che gran mamma che sono), agli altri (per non essere criticate, suppongo) o entrambe le cose. Questa scemenza enorme, questa convinzione che si possa fare tutto da sole, mi bolliva in testa da parecchio. Sono convinta che sia deleterio diffondere e supportate la bugia che una madre possa essere totalmente presente in famiglia e allo stesso tempo totalmente presente sul lavoro, per giunta senza avere alcun genere di supporto. Come dice una mia cara amica, le palle stanno in poco posto: fare tutto e bene non è possibile. E sono stufa di chi continua a sostenere che lo sia. Il mio post, pubblicato ieri, ha avuto un discreto successo: ben 93 “consiglia” su Facebook! Mi concedo questa piccola vanteria: credo sia un bel segno che l’argomento è sentito e che le donne sono stufe di questo assurdo clichè della wonderwoman domestica.

Sulla stessa scia, mi sento di consigliare un post interessante e divertente di Domitilla Ferrari, mamma manager notoriamente impegnatissima su diversi fronti e con ampio successo http://www.domitillaferrari.com/semerssuaq/sono-una-brava-mamma/ Che dire? Brava Domitilla, complimenti per la sincerità e il coraggio di dire le cose come stanno!

 

 

Bewertung-mania!

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Diciamolo: acquistare on line è una gran comodità. Piove, ci sono 3 gradi fuori e non hai voglia di muoverti da casa? Acquista on line! Sei il classico tipo che vuole vedere almeno 34 paia di scarpe prima di decidere quale eleggere a tua preferita, ma ti scoccia girare per negozi come un(a) pazzo/a? Acquista on line! È divertente, comodo e veloce. E se poi non ti piace quello che hai comprato, basta restituire: anche questo è semplice e veloce, perlomeno qua in Germania. C’è, secondo me, un’unica, tremenda scocciatura. Cioè? direte voi. Che rischi troppo facilmente di sbagliare la taglia? Noooo. Che regolarmente il capo che ti arriva è deludente rispetto a come te lo eri immaginato? Noneeeeeeeeeeee. La vera scocciatura, la vera grandissima rottura di scatole è la successiva BEWERTUNG! Eeeeehhhh? Che cos’è, il nome di una malattia rara? No, “Bewertung” semplicemente significa VALUTAZIONE. Insomma, la cara vecchia review che fa tanto trendy oggidì. Regolarmente dopo ogni acquisto on line, ti arriverà il fatidico messaggio nella casella di posta:  “Hai comprato un prodotto sul nostro sito? Bewertalo, per favore, cosí aiuterai gli altri clienti a decidere meglio. Sei soddisfatto dei nostri servizi? Bewertaci, di a tutto il mondo che cosa pensi di noi, fai sapere al pianeta intero come ti abbiamo servito. Oppure ancora: aiutaci a migliorare, dicci se e dove abbiamo sbagliato, giuro che faremo di tutto per essere più vicini ai tuoi gusti e alle tue esigenze!”. Io, lo confesso, da brava personcina col suo bel senso del dovere ipertrofico, rispondo quasi sempre all’invocazione. Clicco sul link, mi ritrovo sul sito e poi inizio o a scrivere liberamente quello che penso del prodotto (Scarpe eleganti e comode, anche se il colore è più chiaro di come si vede nella foto) o a riempire le caselline (da 1 a 10 quanto sei soddisfatto dei tempi di consegna, dove 10 è “non potevo chiedere di meglio” e 1 è “ciofeca senza appello”). E la seconda possibilità è davvero una seccatura senza limiti. Le domande paiono non finire mai. Da 1 a 10 quanto ci consiglieresti ai tuoi amici? Da 1 a 10 quanto stai riflettendo se passare ad un’altra ditta? Da 1 a 10 quanto è stato amichevole l’operatore che l’ha contattata? Da 1 a 10 quante volte hai sognato di noi la notte? E mi viene da dire: da 1 a 10 quanta voglia ho di mandarvi aff….? Ma allora, direte voi, perché non la smetti di autotorturarti e non lasci perdere queste Bewertungen? Sì, ma poi penso che a ma fa piacere, quando acquisto on line, trovare le valutazioni degli altri clienti. Se 8 su 10 dicono che il maglione si restringe dopo il primo lavaggio, io mica lo compro. Se vedo che 34 persone ne parlano come del capo perfetto, sarà più facile per me cliccare su “Metti nel carrello”. E se dico la mia sull’esperienza avuta col servizio clienti della ditta XY, forse ci sono speranze che gli operatori del call center diventino più simpatici (poveri loro, in realtà un po’ li capisco quando sono stronzetti o svogliati). Il punto è che bewertare è diventata una moda un po’ troppo invadente. Compri un paio di guanti e ti tocca bewertarli. Compri dei calzini scaldapiedi per la notte e ti tocca bewertarli. Compri una crema contorno occhi e ti tocca bewertarla. Ffffffff…. E poi non capita anche a voi di comporre il nome di un sito nella barra degli indirizzi e poi di trovarvi la pop-up window davanti che dice: “Prenditi 5 minuti per bewertare il nostro sito!”. O di essere nello studio di un medico e vedere sul tavolino in sala d’attesa le cartoline “Bewerta il nostro studio medico, dicci che cosa pensi di noi!”. E al supermercato? E dal benzinaio? E negli uffici pubblici? O in Italia forse questa moda non è ancora arrivata a livelli così malati? Mah, esprimo perplessità. E fate attenzione se finite a letto con uno sconosciuto dopo una notte brava in discoteca. No, non intendo QUEL tipo di attenzione. Dico preparatevi perché dopo i bagordi, il vostro nuovo compagno di letto potrebbe tirare fuori anche lui/lei una cartolina da compilare con su scritto: “Come sono andato da 1 a 10? Bewertami, aiutami a migliorare le mie prestazioni!”.

Amici

Ecco, alea iacta est: la decisione è presa.

Avete di recente ricevuto un’offerta di lavoro all’estero; avete conosciuto e vi siete innamorati di un/a meraviglioso/a uomo/donna che vivono altrove; i vostri genitori hanno deciso che la famiglia deve emigrare oppure ancora siete in partenza alla cavolo, vi volete lanciare all’avventura, zaino in spalla e dizionario in tasca, verso un meraviglioso luogo lontano e sconosciuto.

Avete soppesato i pro e i contro per mesi, avete riflettuto a lungo su quello che state per fare, avete trascorso orride notti con gli occhi spalancati nel tentativo di capire se avreste fatto la cosa giusta. Oppure anche no: una mattina vi siete svegliati e avete deciso che in capo a  un mese avreste dovuto a ogni costo vivere in Mozambico, pena la vostra felicità, senza curarvi troppo delle conseguenze.

Per ciascuno di questi diversi casi, una cosa è certa: in cuor vostro siete sereni che, una volta emigrati, non perderete i contatti con la madre patria; che i vostri amici vi rimarrano vicini, che vi skyperanno, facebookeranno, twittereranno, whatsapperanno e magari vi scriveranno anche una cara, vecchia e-mail non appena possibile, pur di non vedervi allontanare sul piano emotivo. In un’epoca connessa e globale come la nostra, come si può pensare di perdere il legame con degli amici veri solo a causa della distanza geografica? Ridicolo!

Siete certi, insomma, che anche all’estero sarà come essere lì, a casa, che i cuori vostri e dei vostri amici [parlo di amici, non di conoscenti] continueranno a battere all’unisono come se non vi foste mai allontanati. Orbene, lasciatevelo dire, siete degli ingenui: siete candidi e idealisti. Per carità, in questo non vi è nulla di male: lo sono anche io. Ma è bene che, prima di partire, sappiate che:

–      Sulle prime i vostri amici saranno straziati dalla vostra partenza e organizzeranno – si spera – feste e festini per salutarvi e abbracciarvi a lungo prima di non vedervi più con regolarità. Vi lasceranno anche un regalino a perenne memoria del legame irrecidibile che vi tiene uniti. Tutto ciò è meraviglioso.

–      I primi mesi del vostro espatrio sarà tutto un fiorire di e-mail, messaggi su FB, sms per chiedervi come state, come va, come vi trovate in quella terra selvaggia e dirvi quanto avvertono la vostra mancanza. Tutto ciò è meraviglioso.

–      Col passare del tempo, com’è perfettamente naturale e persino “expected” questo entusiasmo nei vostri confronti scemerà e il numero e la frequenza dei contatti diminuirà drasticamente. Tutto ciò non è affatto meraviglioso, ma fa parte della realtà dei fatti: siete lontani fisicamente e quindi più difficili da contattare. Accettatelo.

–      In conseguenza delle ovvietà elencate sopra, siate consapevoli che toccherà spesso a voi, se non sempre, prendere l’iniziativa e contattare i vostri amici rimasti a casa. Perché alla fine siete voi che vi sentite soli in terra straniera e avete bisogno di mantenere il legame con la madre patria. Non loro.

–      Purtroppo qua viene l’inghippo e la grande rivelazione che ho avuto io in questi anni: nonostante voi facciate ogni tipo di sforzo per non perdere il legame con le persone a cui volete bene, spesso i vostri sforzi non condurranno proprio a una cippa di nulla. Mi spiego: potete mandare quanti sms, e-mail o messaggi su FB volete, ma sappiate fin d’ora che sovente non verranno cagati pari. È così. Tranne qualche sparuto e coraggioso personaggio che tiene veramente a voi, gli altri avranno di meglio da fare che rispondere ai vostri messaggi. Loro a casa hanno una vita. In particolare sappiate che proprio le persone, grazie a dio non tutte, che hanno dichiarato che vi resteranno vicine comunque, che il legame che c’è tra di voi è più stretto di quello atomico, saranno le prime a cancellarvi dalla rubrica.

–      La prova suprema di quanto detto sopra è che nel momento in cui VOI smettete di mandare piccioni viaggiatori ai vostri amici, questi scompariranno nel nulla, come inghiottiti da un buco nero. Vi sareste aspettati che fossero loro, preoccupati dalla vostra assenza, a farsi vivi? Errore.

–      Se poi, passati lo stupore e  la delusione, decidete che vale la pena comunque mandare la duecentesima e-mail a Tizio, in cui raccontate come vi va e poi chiudete con “E tu, invece, come stai? Dimmi!”, sappiate che possono accadere due cose. La prima è che non riceverete mai risposta, come se non aveste mai posto la domanda. La seconda è l’amico vi manderà una risposta tipo: “Uh che bello avere tue notizie! Dai, ti racconto come sto, così ci teniamo aggiornati. Che bello, dai. Ora sono incasinatissimo/a eh, ma giuro su quanto ho di più caro al mondo che appena ho 45 secondi liberi, ti scrivo. Non vedo l’ora, un abbraccione.”, per poi inabbissarsi nelle paludi del nulla. È provato statisticamente, entrambi i casi accadono 9 volte su 10 (fonte: io).

Suppongo sia tutto naturale, come detto, e d’altronde non si può pretendere che tutti siano lí davanti al PC nell’attesa di potervi mandare un messaggio o chiedervi come state, dato che siete stati voi a decider di partire e a sparire dalla vista. Però fa tristezza lo stesso. La cosa positiva è che – come detto – non tutti coloro che avete lasciato a casa si comporteranno in questo modo e quindi per voi sarà facile “scremare” e capire chi davvero ci tiene a voi e chi invece replicherebbe alle vostre rimostranze con una risposta à  la Via col Vento, ossia con un bel “Francamente, mia cara, (di te) me ne infischio”!

DISCLAIMER: ATTENZIONE! QUESTO È UN POST AD ALTISSIMO CONTENUTO DI CATTIVERIE E SCORRETTEZZE POLITICHE! SI CONSIGLIA DI LEGGERE SOLO SE DI STOMACO FORTE. (E poi non dite che non ve l’avevo detto….)

Avete sempre sognato di cominciare a scrivere su un blog per caso e poi, sempre per caso, incontrare un successo destabilizzante nel mondo della parola scritta sul web, sulla carta o – perchè no – entrambi?

Fin da piccolo scrivevate su qualunque cosa vi capitasse a tiro, inclusa la cartiggia in toilette all’autogrill? Non riuscite a fermare i pensieri se non pestando con foga e passione le lettere su una tastiera e condividendo quanto scritto col maggior numero di persone possibili? Desiderate incanalare la vostra mania e allo stesso tempo farvi conoscere dal grande pubblico? Insomma, volete aprire un blog e raccogliere cento followers nuovi al mese fin da subito? Ecco come fare:

–      Aprite un mommy blog. Possibilmente chiamate i pargoli protagonisti delle spassosissime avventure che raccontate – tipo la cacca fatta sul tappeto di nonna – con nomi scemi, quali “batuffolotta” e “mostricciattoletto”. Più i nomi sono assurdi, più il vostro futuro successo è assicurato. Non avete figli? Fateli e poi aprite un mommy blog.

–      Aprite un blog di cucina. Proponete le vostre ricette facili, quelle che ogni casalinga sa fare a occhi chiusi: la ciambella tartara del Caspio; l’insalata di formiche rosse e biscia d’acqua. Oppure ricette che ogni donna può cucinare con quello che ha nella credenza, tipo pasta di miso liofilizzata, cardamomo, noci pecan e macadamia, zucchero moscova gratinato. Postate foto da rivista con la didascalia: “Stavolta mi è uscita proprio una ciofeca”.

–      Aprite un blog di politica. (siamo in Italia, no? Terra di mamma, pappa e …appunto…casini politici. Provate a smentirmi.).

–      Cercate di non rispondere ai commenti: più cafoni sarete ignorando i vostri lettori, più chances avrete di essere stra-letti. Se poi volete essere seguitissimi, dite a fine post: “E voi che ne pensate? Raccontate!” e poi non cagate le risposte dei lettori.

–      Se proprio dovete rispondere ai commenti, fatelo solo a quelli maleducati e fuori luogo, così inizierete ad attirare, come in una spirale diabolica, sempre più commenti stupidi o incivili. In questo modo, chi vi legge si divertirà come un pazzo a scorrere i commenti ad ogni post e non vorrà più perdere una riga di quanto scrivete.

– Aprite un profilo FB, Twitter e Instagram che facciano da contorno al vostro blog. Pubblicate solo cose belle: feste, ricevimenti, banchetti nuziali. Insomma, fate una bella vita, volete vergognarvene? E perché mai?

– Omettete gli eventuali culi che vi siete fatte/i per arrivare dove siete. In realtà a voi è tutto piovuto giù dal cielo.

–      Fotografate e fotoshoppate. Menatevela con la vostra Nikon xz471. Che maneggiate a malapena, ma la cui resa è meglio di quelle professioniste. Pubblicate foto che manco Helmut Newton e schernitevi: “È tutto culo del principiante!” oppure: “Ma no, le ho fatte così al volo, mentre andavo a fare spesa!”. Non dimenticate di pubblicate un quantità smisurata di fotografie dei vostri piedi: piedi con le hawaianas, piedi con le sneakers finto-vissute, piedi con le babbucce con le corna di renna, piedi con gli scarponi da montagna, piedi nudi: una calzatura per ogni stagione!

–  Non vergognatevi di dire che vi piace l’handmade. Anzi, ditelo con il cuore in mano che il mobile della sala è roba vostra e avete sia abbattuto l’abete da cui è ricavato con le vostre mani, sia modellato il mobile con un progettino che avevate in mente. Per non parlare dei suppelletili che lo impreziosiscono. Adorate il riciclo: vi siete amputati due falangi tagliuzzando una lattina di Coca-cola, ma in compenso la bambolina che ne è risultata è deliziosa!

– Spargete una parolaccia qua e là, ogni tanto, così en passant, quasi senza farvi notare: culo, tette, sfiga, coglione. Con questo pizzico di trasgressione, farete ridere tutti moltissimo e raccoglierete followers come se piovesse.

–  Ogni tanto, per spezzare la monotonia, pubblicate un articolo triste, depresso e strappalacrime, in cui vi dipingete come la vittima di un mondo ostile e ingiusto. Questo vi renderà più umani e nello stesso tempo vi attirerà le simpatie dei depressi cronici che vegetano all’ombra del comunismo della sfiga. Con questi post, i commenti solidali si triplicheranno.

Potrei continuare per ore…

999

Egnente, io ci ho provato. Vi assicuro, ci ho provato. E per giunta con serietà, pazienza, impegno et disciplina. Ci ho provato addirittura tre volte. La prima, tanto per fare, la seconda con più convinzione; la terza perchè, a quel punto, era diventata una sfida con me stessa. Ma niente da fare: non gliel’ho fatta. E sì che odio lasciare lì i libri, non portarne a termine la lettura, sospendere la storia a mezz’aria e non sapere mai chi è l’assassino. Ma con questo romanzo di Carlo A. Martigli, ho dovuto arrendermi all’evidenza: questo libro non fa per me, ecco. Ci tengo a specificare che non sto esprimendo un giudizio assoluto, una condanna definitiva; non sto apponendo un sigillo eterno. Quindi non sto dicendo: che schifo di scritto, non potrebbe piacere a nessuno, nemmanco fosse l’ultimo rimasto sulla terra dopo l’esplosione dell’atomica. Al contrario! “999 L’Ultimo Custode” è decisamente un romanzo ben scritto, ben costruito e pure interessante. Intanto la conoscenza storica dell’autore è impressionante: Martigli ci regala flash dettagliatissimi sulla vita nell’Italia del passato, quasi obbligandoci ad immergerci nuovamente in quelle lontane realtà. Lo fa ad esempio con dettagli sulle hit musicali nella Firenze degli anni 30, sui fashion trend del periodo rinascimentale, sul regime alimentare tenuto nelle due epoche, solo per citarne alcuni. L’intreccio del romanzo, basato su fatti realmente accaduti, ma mescolato a invenzioni letterarie, è costruito in maniera eccellente. La tecnica usata da Martigli è quella di alternare il racconto di fatti avvenuti tra Firenze e Roma nel 1486 a quello di quanto accaduto a Roma e altrove nel 1938. Alla base l’antefatto, che si svolge nel settembre 2009. Ecco, qua casca l’asino. Perchè io, dopo un po’, di tutto sto Biutiful storico, non ne potevo piu. La trama è ricchissima di personaggi tutti collegati fra loro, quando però tenere a mente i legami vari non è affatto semplice. In teoria il lettore dovrebbe schizzarsi uno schemino in cui si appunta – che ne so – “Franceschetto è figlio di papa Ludovico, fratellastro di Lorenzo de Medici, cugino dell’amante di uno dei Borgia, che trama nell’ombra ai danni del padre dell’ex guardia papale, che in realtà” etc…. (N.B. l’esempio è del tutto a caso, proprio perché non ricordo quasi nulla dei protagonisti della storia). E dopo qualche capitolo io personalmente avevo perso del tutto il filo del racconto, tra mille salti quantici avanti e indietro sulla linea spazio-temporale. Ogni volta che un personaggio ricompariva in scena, mi toccava tornare qualche pagina indietro per capire chi fosse veramente. Estenuante. Anche la trama del romanzo è molto ricca, pure troppo: i fatti si susseguono l’uno all’altro, i colpi di scena abbondano, le rivelazioni si sprecano, Anche qui, bisognerebbe andar giù di continuo di appunti: a pag. 38 è la guardia travestita ha sgozzato l’uomo incappucciato; a pag. 50 la donna fascinosa si è rivelata l’amante del cattivo e via dicendo. Un bello schemino in Excel non ci starebbe male, con le colonne che si nascondono all’occorrenza quando il tal personaggio scompare dalla scena. Davvero, non fa per me. Troppo impegnativa la tecnica di lettura: non so voi, ma io quando leggo un libro, devo stare bene. Il libro mi deve rilassare e portare in un altro mondo, senza farmi diventare cretina dallo sforzo. Mi deve far sognare, coinvolgere, avvincere, ma non confondere, perplimere e far sudare.  Tra l’altro è per questo che, tendenzialmente, non leggo in tedesco (in questo momento sto immaginando me stessa che leggo Martigli in tedesco… Der Wahnsinn!).

Concludendo, se siete amanti dei romanzi storico-gialli alla Dan Brown, romanzi che usando una base di fatti reali costruiscono una storia fantastica, magari coinvolgendo la chiesa cattolica e i suoi insegnamenti, allora amerete “999 L’Ultimo Custode”. Diversamente, lasciate perdere.

What a wow of a day!

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Ciao lettori, oggi è stata proprio una bella giornata, piena di soprese (ok, con questa opening line non credo vincerò mai il Macchianera Blog Award per il miglior post, ma pazienza).

È cominciata con la pubblicazione su Vibrisse, il blog di Giulio Mozzi, della raccolta di tutte le composizioni inviate dai lettori  in estate/inizio autunno per l’iniziativa “Le Lodi del Corpo Maschile”:

http://vibrisse.wordpress.com/2013/10/17/credevate-che-fosse-finita-con-lodi-del-corpo-maschile-e-invece-adesso-comincia-il-gioco-al-massacro/

Ovviamente in mezzo al pidieffone ci sono anche due miei poemetti, uno sul piede e l’altro sulle natiche. Sì, lo so, non sono una poetessa e in confronto a certi componimenti, dovrei sotterrarmi dalla vergogna. Non vi preoccupate: ho già provveduto. Ma intanto, a partecipare al gioco mi sono divertita e in più ora faccio parte anche io della raccoltona di Fantozzi (senza offesa per Giulio e i poeti!). Che tuttavia verrà sfoltita e – se tutto va bene – ne verrà estratto un libretto cartaceo con i migliori pezzi. Si possono addirittura votare i nostri preferiti (per ora solo nella sezione “Tra capo e collo”), quindi perché non farlo subito, su Vibrisse?

E già dopo questa inaspettatezza (inaspettatezza?) ero cuor contento. Ma poi mi è successo di avere mandato a Camilla Ronzullo una composizione per il quarto kit del progetto WOR(L)DS e di avere aggiunto all’e-mail qualche riga, per ringraziarla di cuore dell’effetto che il suo gioco letterario sta avendo su di me. Beh, Camilla non mi ha citata sulla sua pagina Facebook? Son soddisfazioni, come direbbe una mia amica.

Orbene, ecco l’estratto dell’e-mail che lei ha condiviso:

“Da EVE:
Volevo anche dirti che questa è la terza puntata di Wor(l)ds alla quale partecipo e sono stupita di ciò che questo progetto sta “producendo” dentro di me. Ho iniziato a mandarti scritti così, tanto per fare, più spinta da un amico che per vera convinzione. Invece vedo che il pensare a una composizione di sole 900 battute e con materiali giá dati, mi sta costringendo in qualche modo a ripensare il mio modo di scrivere.
#worldszelda2013
#ioviadoro”

Ed è tutto vero: quando ho cominciato a giocare a WOR(L)DS, lo facevo senza convinzione e non avendo ancora capito quale razza di brillante idea Camilla avesse avuto. Qualche materiale e un limite di 900 battute: massima semplicità per il massimo risultato! Camilla, ma stai scoperchiando la mia anima di scrittrice!

Provate anche voi, se ne avete voglia, a mandare un pezzo. Vi assicuro che non è così semplice come sembra e forse vi costerà anche fatica. Ma vi farà scoprire dei tesori: garantito.

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Cari, mi rifaccio viva dopo un periodo di latitanza. Se siete tra i 7 lettori che mi seguono assiduamente, saprete che amo partecipare ai giochi letterari e quest’estate vi ho appestati più volte, postandovi le mie composizioni (poi pubblicate sul blog Vibrisse di (san) Giulio Mozzi).

Bene, la settimana scorsa un amico mi ha segnalato un meraviglioso gioco letterario, lanciato dalla scrittrice Camilla Ronzullo. Volevo farci sopra un bel postullo dettagliato e invece ZACCHETE questa mattina ho scoperto che ci ha già pensato la mia ottima collega blogger Jane Pancrazia Cole . Qua il suo post con tutte le spiegazioni del gioco del blog Zelda was a writer.

Ed ecco il post di Camilla , che contiene il pdf scaricabile con tutte le composizioni che ha ricevuto dai suoi lettori per la seconda settimana del progetto. In mezzo, appunto, c’è anche la mia composizione. A voi trovarla…

Buon divertimento! 🙂

Social Media Logotype Background

La Tipica Persona Moderna Molto Connessa (TPMMC) apre gli occhi alle 06:30 grazie all’allegro trillo della sveglia del suo cellulare smartphone. Alle 06:35 si connette rispettivamente alla posta elettronica, sia personale, che di lavoro, a Facebook, a Twitter, a Pinterest, a Google +. Giusto per vedere se ci sono novità.

Alle 07:00 è in cucina che fa colazione e legge il suo bravo quotidiano on line. Twitta subito il link alle news più interessanti e aggiorna lo status di Facebook così: “Appena tirato su dal letto. Ma è solo lunedì?”. Dopo avere pubblicato una foto dei propri piedi in pantofole su Instagram ed essersi lavato e vestito, esce di casa per raggiungere il luogo di lavoro. Lungo la strada, non manca di aggiornare i suoi 1749 friends (+ 54 pending requests) della situazione traffico. Tra l’altro, fortunatamente, ha una app che gli consente di evitare le strade più intasate della città e arrivare in ufficio in metà tempo.

Giunto a destinazione, controlla se nel tragitto parcheggio-ufficio non vi siano state novità su Facebook, Twitter, Instagram e Pinterest (sai mai…). Dopodichè shara una foto della sua scrivania intasata di pratiche su tutti i social network che conosce. Verso le 10:00, dopo il miting, scrive un nuovo post su uno dei suoi tre blog, naturalmente corredato da fotografia scattata con lo smartphone e subito ripubblicata su Instagram. Pubblicato il post, piazza il link all’istante su Facebook e Twitter. Poi retwitta un twitter di un personaggio in vista, che gli è piaciuto tanto, aggiungendo un commentino personale.

Verso le 13:00, dopo essersi scambiato 23 sms con un amico per concordare un orario per l’ape, fa un salto al bar per un panino al volo. Sia chiaro: il panino è stato scelto scelto dopo un rapido sondaggio tra i friends di Facebook, che gliel’hanno consigliato in base alle foto da lui postate. Alle 13:30, dal tavolo del bar, aggiorna il CV su LinkedIn, dato che è in cerca di nuove opportunità professionali.

Alle 14:00 la TPMMC è di nuovo alla sua postazione, dove per circa un paio d’ore scambierà e-mail col collega che sta due scrivanie più a destra, per mettersi d’accordo su che cosa dire in una videoconferens con l’America.

Alle 16:00 controlla se ha ricevuto commenti al suo ultimo post e va a commentare i post dei blog che followa. Alle 16:30 carica le foto del suo recente viaggio in Thailandia su Flickr. Alle 17:00 si annoia e quindi piazza su Pinterest l’immagine dell’ultimo e-Book che ha letto e casomai lo recensisce su Anobii.

Verso le 18:00 ha l’ape in centro nel posto più trendy, scovato con Foursquare. Sì, esatto, mi avete anticipato: posterà su qualche social uno scatto dello Spritz con cannuccia e ombrellino di carta dentro. Uscito dal locale, un po’ brillo, gira un video di sè che balla il Gangnam Style e lo posta subito su Vine. La versione lunga finisce invece su YouTube. Dopo qualche ora, il video è già stato condiviso da tutti i friends, fans, followers, i quali lo imitano e postano a loro volta video dove ballano ubriachi il Gangnam Style.

Alle 20:00 la TPMMC arriva a casa e cena con una lasagna scaldata al microonde e naturalmente shareata su Facebook. Alle 20:30 controlla quanti like ha raccolto su Instagram e quante stellinate su Twitter.  Alle 21:30 si mette su Skype per chattare con il/la partner, che ha conosciuto su Meetic e che abita a sei chilometri da lui/lei, ma è raggiungibile solo in 45 minuti, causa congestione stradale perenne. Con egli/ella, egli/ella fa sesso virtuale e poi se ne va a letto. Non senza prima avergli/le mandato un’e-mail con scritto “ILY!”. Alle 23:00, sfinita, la TPMMC finalmente si addormenta. Sui sogni che fa, scriverà l’indomani un piccolo pezzo, da pubblicare su un forum on line.

Via col liscio!

Via col liscio!

(Molto forte, incredibilmente vicino di Jonathan Safran Foer)

Eeeeeeeeeeeeeee…si dia il via alle danze! Buona lettura a tutti e a risentirci per i commenti collettivi!

 

italiani scarsi lettori

Con l’approssimarsi dell’autunno, è venuto il momento di riaprire il nostro Club dei Lettori Vaganti (CdLV). “Nostro” perché ovviamente non appartiene solo a me, ma a chiunque decida di parteciparvi.

Per chi si fosse messo in ascolto solo ora, ricordo come funziona il CdLV.

1)    Il Club ha lo scopo di unire lettori che si trovino ovunque nel mondo per poter discutere di libri.

2)    Non è necessario iscriversi ufficialmente, non vi sono quote associative di alcun genere e si può andare e venire come si vuole, in qualsiasi momento.

3)    Questo il meccanismo: ogni tanto pubblico un post su questo blog in cui chiedo ai miei lettori se hanno voglia di leggere insieme a me un libro a distanza.

4)    Il libro può essere proposto da me o da chiunque abbia voglia di indicare un titolo. Per fare una proposta, basta lasciare un commento al post di cui al punto 3). Per partecipare semplicemente alla lettura comunitaria, anche se non avete nulla da proporre, vi chiedo gentilmente di lasciare un commentino (tipo: “Io ci sto!”).

5)    Si possono proporre libri di qualunque genere, ma il CdLV deve essere d’accordo sul titolo da scegliere per la lettura comune.

6)    Una volta scelto insieme il libro, ciascuno lo legge con calma a casa sua. Di solito lasciamo alcune settimane di tempo per completare la lettura.

7)    Dopo un po’ di tempo, pubblico un altro post in cui do inizio alla discussione sul libro e cui poi ognuno può dire la sua con la massima libertà.

8)    Non è necessario avere letto tutto il libro per partecipare alla discussione. Si può anche contribuire con un “Ho letto tre pagine di questo volume, poi sono corso in bagno a vomitare e mi sono rifiutato di finirlo.”.

9)    Va da sè che la discussione deve essere civile e rispettosa delle opinioni di tutti. Finora questo non è stato un problema, ma avverto che tutti i commenti idioti, cafoni o volutamente fuori luogo non saranno tollerati in alcun modo.

10) Lo scopo di questo Club è Divertirsi, quindi non si tratta di fare critica letteraria di chissà quale livello, fare citazioni dotte, paragoni con autori passati di gran portata o cose simili. Non ci vogliono titoli di studio di alcun genere, sebbene essi non costituiscano un impedimento. Ognuno può esprimere la propria opinione sul libro letto come più gli aggrada: può decidere di scrivere un’analisi articolatissima che manco Claudio Magris oppure dire semplicemente “Bello.”. 

E ora propongo di scegliere il prossimo titolo per la lettura comune.

La nostra assidua lettrice Elena in agosto aveva proposto (and I quote):

“Ho due libri vicino al letto che aspettano di essere letti:
– Beautiful Ruins di Jess Walter (n. 1 New York Times bestseller)
– Il corpo umano, romanzo di Paolo Giordano (vagamente basato sulle storie dei soldati italiani in Afghanistan).

Oppure ho appena finito di leggere
– Bring up the Bodies, di Hilary Mantel, vincitore di Man Brooker Prize 2012 e Costa Book of the year 2012, sulla storia romanzata di Anna Bolena e di Re Enrico VIII. Traduzione italiana: Anna Bolena, una questione di famiglia”

 

Attendo con gioia altri commenti. Partecipate numerosi: è divertente! Garantito.